mercoledì 14 marzo 2012

L'acqua non è una merce: 'a sarà dura, ma si può fare!

Ventisei milioni di persone hanno espresso, attraverso il referendum del 12 e 13 Giugno 2011, il principio che l'acqua non può essere una merce, non può essere oggetto di profitto, ma un bene comune, una risorsa pubblica, un diritto che non può essere soggetto ad interessi di sorta, se non quello rappresentato dall'esigenza di ognuno di noi di disporne in quantità necessaria per il proprio fabbisogno fuori da qualsiasi logica di mercato.
Un principio che ancora ad oggi non vuole essere rispettato.
Gli enti gestori, nel nostro caso Publiacqua di cui il 40% è detenuto dal socio privato ACEA (al cui interno troviamo i soci francesi della multinazionale Gdf-Suez), non hanno ancora provveduto a adeguare le bollette eliminando quella parte destinata alla remunerazione del capitale investito dal socio privato, quel profitto garantito per legge e che noi siamo chiamati a rimborsare.
Quel profitto che la volontà referendaria ha dichiarato illegittimo, che ventisei milioni di persone hanno detto a gran voce di non essere disposti a pagare.
L'ennesima parte del nostro salario, delle nostre pensioni, che siamo obbligati a “consegnare” a chi ci vede come merce nei luoghi di lavoro, che vede l'ambiente come fonte di sfruttamento e profitto, che opera sui nostri territori come un vampiro succhiando soldi pubblici per opere prive di benefici per la collettività (la TAV davanti a tutto), complici di una classe politica che privatizza i profitti e “collettivizza” gli oneri regalando pezzi importanti del servizio pubblico come sta succedendo per l'ATAF nella nostra città.
Anche stavolta vorrebbero che ci si accollasse il “debito” verso coloro che speculano su beni che non possono essere che considerati “comuni e pubblici”, così come siamo chiamati ogni giorno, in nome del pagamento di un debito che non abbiamo mai contratto, a vedere scomparire quel poco di diritti che con i denti in questi anni abbiamo difeso, quel poco di servizio pubblico che è rimasto dai processi di privatizzazione dei vari governi delle “due destre” (dov'è la sinistra?) che si sono succeduti.
Se questo non bastasse il Governo Monti, con l'appoggio quasi unanime del parlamento, salvo qualche forza che non fa altro che sfoderare un becero populismo tentando di rifarsi una verginità improbabile, con il decreto liberalizzazioni vorrebbe annullare l'esito del referendum e accelerare ulteriormente il processo di privatizzazione “obbligando” i comuni, a cedere a società per azioni la gestione del servizio idrico e non solo.
Questo non dobbiamo permetterlo. Se il referendum è stata una vittoria, ha rappresentato il risultato del lavoro costante di chi fin dall'inizio ci ha creduto, magari dovendo riunirsi in quasi “clandestinità” dentro un centro sociale come il nostro per non rischiare il posto di lavoro, di tutti coloro che si sono impegnati nei volantinaggi, nelle assemblee, nelle raccolte firme, non possiamo regalare tutto ciò a chi manovra negli interessi di banche e grande capitale. E non ci illudiamo: Berlusconi è vivo e vegeto e anche con quelli che erano i “suoi nemici”, appoggia e legittima questo governo e le sue politiche.

Se A sarà dura echeggia in tutta la Val di Susa, bloccare qualsiasi tentativo di ribaltare la volontà popolare nella nostra città SI PUO' FARE.
Partecipa fin da subito alla richiesta di riduzione delle bollette della parte di profitto dei soci privati così come previsto dal referendum.
Informazioni e moduli per le richieste da presentare a Publiacqua tutti i martedi dalle 19.00 in poi presso il CPAFiSud.
Opponiamoci alle privatizzazioni dei beni comuni in nome di un debito che non abbiamo mai contratto.

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