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Gli attivisti del CPAFiSud non si sono scomposti più che tanto, e men che meno hanno telefonato a qualche giornale dei soliti perché andasse subito a cercare un comunista da incolpare perché a dicembre fa freddo e nevica e invece a luglio fa caldo e c'è il sole. Hanno fatto quello che hanno fatto tutti: hanno lasciato appena è stato loro possibile i luoghi di LAVORO, che di solito non sono in posti tipo Parco della Vittoria o Viale dei Giardini ma in zone industriali, fabbriche e periferie punteggiate di depositi e di capannoni (il più delle volte anche fuori Comune) e in tanti se la sono fatta a piedi fino a Gavinana, chi per cinque e chi per venti chilometri sotto la neve fitta.
Arrivando nel quartiere che parevano Ivan Denisovič.
Il CPAFiSud non è un treno o un aereo o un'autostrada o un torpedone della SITA, insomma non muore nemmeno se l'ammazzano, figuriamoci cosa gli fanno trenta centrimetri di neve. E difatti ha garantito a chi c'era i servizi essenziali di una cena abbondante (menu con scopertissime influenze austroungariche, apfelstrudel compreso) chiusa con una fila di quelle torpedini abbollóre che si fanno col caffè espresso e il rùmme livornese...
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