A fianco del popolo tunisino e dei popoli arabi in rivolta.
Venerdì 11 febbraio alle ore 21.30, incontro con uno studente esule della sinistra tunisina.
Nei primi giorni di gennaio, prima in Algeria e poi in Tunisia, dure rivolte popolari hanno scosso questi paesi e l'intero mondo arabo.
Le rivolte sono scattate in seguito all'aumento dei prezzi del pane e delle merci alimentari. In Tunisia, dopo che un ambulante di legumi di 26 anni, sprovvisto di licenza, che ha visto sequestrare la propria mercanzia dalla polizia municipale di Sidi Bouzid, si è dato fuoco davanti alla Prefettura, sono iniziati duri scontri con decine di migliaia di manifestanti, in larghissima parte giovani e giovanissimi disperati per la situazione economica e politica in cui vivono. Sono scesi per giorni in piazza per cacciare il Presidente Ben Alì, al potere dal 1987, in seguito ad un colpo di stato appoggiato proprio dall'Italia, che vedeva nella Tunisia una propria area di influenza e controllo. Per oltre 20 anni un regime corrotto si è retto solo con l'elemosina per la gran parte della popolazione e principalmente attraverso la coercizione e la repressione del dissenso, garantendo nel frattempo a stati ed imprese occidentali (Italia, Francia e Usa in primis) buoni affari e stabilità. La crisi economica, l'aumento dei prezzi, la crescita di un sentimento di liberazione hanno portato ad una rivolta che, in pochi giorni e dopo oltre 100 morti tra i manifestanti, ha portato alla fuga di Ben Alì e della sua famiglia.A nulla sono valse le promesse di riforme: i manifestanti erano in piazza per far cadere finalmente il regime di Ben Alì.
La rivolta della Tunisia con la cacciata di Ben Alì, ha segnato un punto fondamentale per il futuro del medio oriente e del mondo arabo e non solo. La rivolta in Egitto contro il più filo occidentale dei regimi arabi, quello di Mubarak, sta lì a dimostrarlo.
Oggi, dopo oltre un mese di manifestazioni e rivolte in tutto il paese, l'esercito e quanto è rimasto del passato regime, stanno cercando di salvare, con l'appoggio ancora degli stati occidentali, le fondamenta di uno sistema ingiusto e repressivo, ma il popolo tunisino continua a gran voce a chiedere un cambiamento vero, la fine vera del regime per uno società più giusta.
Quanto chiedono i giovani ed i lavoratori tunisini non è certo la "nostra" democrazia, non è certo la "nostra" libertà, ma è la libertà di autodeterminarsi un futuro, di seguire la propria strada per liberarsi per sempre di regimi autoritari retti proprio dalle democrazie occidentali. E, per quanto Obama e altri governi cerchino di prendere le distanze dai vecchi despoti, le rivolte, in Tunisia come in Egitto, sono anche per liberarsi dall'influenza nefasta di questi stessi stati. La lotta di questi popoli non è, infatti, affatto lontana dalle lotte che giovani, studenti e lavoratori portano nelle nostre strade, nelle nostre scuole e nelle nostre fabbriche.
Per questo siamo a fianco del popolo tunisino e dei popoli arabi, perchè le loro lotte le sentiamo anche nostre.
Venerdì 11 febbraio alle ore 21.30, incontro con uno studente esule della sinistra tunisina.
Nei primi giorni di gennaio, prima in Algeria e poi in Tunisia, dure rivolte popolari hanno scosso questi paesi e l'intero mondo arabo.
Le rivolte sono scattate in seguito all'aumento dei prezzi del pane e delle merci alimentari. In Tunisia, dopo che un ambulante di legumi di 26 anni, sprovvisto di licenza, che ha visto sequestrare la propria mercanzia dalla polizia municipale di Sidi Bouzid, si è dato fuoco davanti alla Prefettura, sono iniziati duri scontri con decine di migliaia di manifestanti, in larghissima parte giovani e giovanissimi disperati per la situazione economica e politica in cui vivono. Sono scesi per giorni in piazza per cacciare il Presidente Ben Alì, al potere dal 1987, in seguito ad un colpo di stato appoggiato proprio dall'Italia, che vedeva nella Tunisia una propria area di influenza e controllo. Per oltre 20 anni un regime corrotto si è retto solo con l'elemosina per la gran parte della popolazione e principalmente attraverso la coercizione e la repressione del dissenso, garantendo nel frattempo a stati ed imprese occidentali (Italia, Francia e Usa in primis) buoni affari e stabilità. La crisi economica, l'aumento dei prezzi, la crescita di un sentimento di liberazione hanno portato ad una rivolta che, in pochi giorni e dopo oltre 100 morti tra i manifestanti, ha portato alla fuga di Ben Alì e della sua famiglia.A nulla sono valse le promesse di riforme: i manifestanti erano in piazza per far cadere finalmente il regime di Ben Alì.
La rivolta della Tunisia con la cacciata di Ben Alì, ha segnato un punto fondamentale per il futuro del medio oriente e del mondo arabo e non solo. La rivolta in Egitto contro il più filo occidentale dei regimi arabi, quello di Mubarak, sta lì a dimostrarlo.
Oggi, dopo oltre un mese di manifestazioni e rivolte in tutto il paese, l'esercito e quanto è rimasto del passato regime, stanno cercando di salvare, con l'appoggio ancora degli stati occidentali, le fondamenta di uno sistema ingiusto e repressivo, ma il popolo tunisino continua a gran voce a chiedere un cambiamento vero, la fine vera del regime per uno società più giusta.
Quanto chiedono i giovani ed i lavoratori tunisini non è certo la "nostra" democrazia, non è certo la "nostra" libertà, ma è la libertà di autodeterminarsi un futuro, di seguire la propria strada per liberarsi per sempre di regimi autoritari retti proprio dalle democrazie occidentali. E, per quanto Obama e altri governi cerchino di prendere le distanze dai vecchi despoti, le rivolte, in Tunisia come in Egitto, sono anche per liberarsi dall'influenza nefasta di questi stessi stati. La lotta di questi popoli non è, infatti, affatto lontana dalle lotte che giovani, studenti e lavoratori portano nelle nostre strade, nelle nostre scuole e nelle nostre fabbriche.
Per questo siamo a fianco del popolo tunisino e dei popoli arabi, perchè le loro lotte le sentiamo anche nostre.
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