Sabato 9 aprile circa trenta compagni dei centri sociali e dei collettivi studenteschi sono andati a volantinare per le vie di S.Frediano contro la guerra imperialista in Libia e in solidarietà agli immigrati. Questo il testo distribuito agli abitanti del quartiere.
Cacciamoli tutti. Non gli immigrati, bensì i padroni, i fascisti e i governanti!
L’Italia, oggi più di ieri, è un paese in guerra e a testimoniarlo ci sono i bombardieri in decollo dalle basi italiane sotto il comando NATO di Napoli, pronti a scatenare terribili attacchi aerei contro il territorio libico.
Ma, se guardiamo alle tv o ai giornali e ascoltiamo chi questa guerra l’ha voluta e votata in Parlamento, sembra che sia l’Italia a subire “l’invasione di terra” e che la nostra sicurezza sia minacciata da orde di immigrati: scontrarsi con l'arma affilatissima della propaganda è impossibile se non rilanciando l'iniziativa sul proprio territorio e riallacciando i fili dei rapporti sociali e della solidarietà di classe.
Perchè l'immigrato non è certo qualcuno diverso da noi, ma chi lavora al nostro fianco nelle fabbriche e nei cantieri e siede accanto a noi sui banchi di scuola.
Proprio da questo punto di vista è nostra intenzione esprimere solidarietà e sostegno a chi in questi giorni sta attraversando il Mediterraneo, anche con tragiche fini, e contrastare le posizioni più reazionarie e xenofobe di chi getta benzina sul fuoco di "un'emergenza" creata ad hoc.
Vogliamo dire con chiarezza che il problema è e rimane la guerra, sono e rimangono i 25 miliardi di euro che ogni anno lo stato sottrae alla scuola, all'università, alla sanità e ai trasporti per finanziare spese e investimenti militari e che queste non sono scelte di qualche politico scellerato ma deriva dalla natura stessa della società in cui viviamo che è basata sullo sfruttamento sul lavoro e delle risorse naturali.
Vogliamo dire con altrettanta chiarezza che la disoccupazione è una realtà la cui colpa non può e non deve ricadere sugli immigrati, bensì su quei padroni che negli anni hanno deciso di delocalizzare e andare a produrre dove ci sono meno diritti e dove la mano d'opera costa molto meno.
Semmai gli immigrati sono anch'essi vittime di un mercato del lavoro sempre più flessibile e meno regolamentato, colpiti come tutti i lavoratori e le famiglie da negazione di diritti e salari da fame, oltre ad essere inseriti in un circuito dove disoccupazione vuol dire clandestinità.
Cedere oggi alle posizioni di basso populismo propagandate dai fascisti di Forza Nuova, Casa Pound e Lega Nord vuol dire fare ancora altri passi indietro, non solo sul piano culturale, ma anche su quello dei diritti e più in generale nella possibilità di assicurarci un futuro migliore.
Sta a noi opporci con forza e determinazione a questa nuova guerra coloniale e con la stessa intensità sostenere le rivolte in corso in Egitto e in Tunisia dove giovani, lavoratori e studenti si stanno ancora scontrando con una forte repressione.
Che si parli di guerra o immigrazione, di scuola o di lavoro, di salute o beni pubblici pensiamo che queste battaglie vadano prese in mano smettendo di guardarci alle spalle come se il nostro nemico fosse l'ultimo arrivato e scoprire che con loro possiamo parlare la stessa lingua quando assieme guarderemo in alto verso chi oggi detiene il potere e domaniAggiungi un nuovo appuntamento per domani forse no...proprio come in Egitto e in Tunisia.
CPA fi-sud, Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos, Collettivo Politico di Scienze Politiche, Rete Studenti Medi fiorentini, Fondo Comunista.
Cacciamoli tutti. Non gli immigrati, bensì i padroni, i fascisti e i governanti!
L’Italia, oggi più di ieri, è un paese in guerra e a testimoniarlo ci sono i bombardieri in decollo dalle basi italiane sotto il comando NATO di Napoli, pronti a scatenare terribili attacchi aerei contro il territorio libico.
Ma, se guardiamo alle tv o ai giornali e ascoltiamo chi questa guerra l’ha voluta e votata in Parlamento, sembra che sia l’Italia a subire “l’invasione di terra” e che la nostra sicurezza sia minacciata da orde di immigrati: scontrarsi con l'arma affilatissima della propaganda è impossibile se non rilanciando l'iniziativa sul proprio territorio e riallacciando i fili dei rapporti sociali e della solidarietà di classe.
Perchè l'immigrato non è certo qualcuno diverso da noi, ma chi lavora al nostro fianco nelle fabbriche e nei cantieri e siede accanto a noi sui banchi di scuola.
Proprio da questo punto di vista è nostra intenzione esprimere solidarietà e sostegno a chi in questi giorni sta attraversando il Mediterraneo, anche con tragiche fini, e contrastare le posizioni più reazionarie e xenofobe di chi getta benzina sul fuoco di "un'emergenza" creata ad hoc.
Vogliamo dire con chiarezza che il problema è e rimane la guerra, sono e rimangono i 25 miliardi di euro che ogni anno lo stato sottrae alla scuola, all'università, alla sanità e ai trasporti per finanziare spese e investimenti militari e che queste non sono scelte di qualche politico scellerato ma deriva dalla natura stessa della società in cui viviamo che è basata sullo sfruttamento sul lavoro e delle risorse naturali.
Vogliamo dire con altrettanta chiarezza che la disoccupazione è una realtà la cui colpa non può e non deve ricadere sugli immigrati, bensì su quei padroni che negli anni hanno deciso di delocalizzare e andare a produrre dove ci sono meno diritti e dove la mano d'opera costa molto meno.
Semmai gli immigrati sono anch'essi vittime di un mercato del lavoro sempre più flessibile e meno regolamentato, colpiti come tutti i lavoratori e le famiglie da negazione di diritti e salari da fame, oltre ad essere inseriti in un circuito dove disoccupazione vuol dire clandestinità.
Cedere oggi alle posizioni di basso populismo propagandate dai fascisti di Forza Nuova, Casa Pound e Lega Nord vuol dire fare ancora altri passi indietro, non solo sul piano culturale, ma anche su quello dei diritti e più in generale nella possibilità di assicurarci un futuro migliore.
Sta a noi opporci con forza e determinazione a questa nuova guerra coloniale e con la stessa intensità sostenere le rivolte in corso in Egitto e in Tunisia dove giovani, lavoratori e studenti si stanno ancora scontrando con una forte repressione.
Che si parli di guerra o immigrazione, di scuola o di lavoro, di salute o beni pubblici pensiamo che queste battaglie vadano prese in mano smettendo di guardarci alle spalle come se il nostro nemico fosse l'ultimo arrivato e scoprire che con loro possiamo parlare la stessa lingua quando assieme guarderemo in alto verso chi oggi detiene il potere e domaniAggiungi un nuovo appuntamento per domani forse no...proprio come in Egitto e in Tunisia.
CPA fi-sud, Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos, Collettivo Politico di Scienze Politiche, Rete Studenti Medi fiorentini, Fondo Comunista.
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