sabato 29 settembre 2012

Syria - Stop the war. A cura del Centro Popolare Autogestito Firenze Sud

"L’escalation militare in Siria non ha sicuramente raggiunto il culmine, ma in questi mesi abbiamo comunque assistito a passaggi sostanziali da parte dell’imperialismo statunitense e degli stati europei coadiuvati dall’aiuto tutt’altro che disinteressato di Israele, della Turchia e delle petromonarchie.
Ancora una volta la difesa dei diritti umani e dei civili dalla feroce repressione del “dittatore” di turno sono la scusa perfetta per muovere i primi passi verso una nuova guerra umanitaria".

Syria - Stop the war. Pubblicazione a cura del Centro Popolare Autogestito Firenze Sud

martedì 25 settembre 2012

29-30 settembre 2012: rugbysti a sostegno della Valle

Un torneo di rugby no tav perché noi rugbisti siamo profondamente legati alla terra.
Essa ci accoglie tra le sue braccia dopo un placcaggio, ci sostiene nelle mischie, ci da rifugio nelle ruck. Per noi il fango non è una cosa sporca, ma un elemento che attenua le botte, che annulla le differenze. Nel fango ci ritroviamo fratelli seppur con maglie di colori diversi. La cosa più importante nel rugby è il sostegno, l’appoggio dei compagni, la mutua solidarietà: quella che vediamo all’opera ogni giorno nel popolo della Val di Susa che resiste. Per noi la solidarietà è importante, è il sale della vita. E’ un valore che ci ha portato a spalare fango a Firenze e nel Biellese nel ‘68 a Genova, in Friuli, in Irpinia e a morire a l’Aquila. Giochiamo per portare il nostro sostegno alla Valle che resiste con le unghie e con i denti, con le ultime briciole di fiato, nei propri 22. Singoli rugbisti da varie città e regioni italiane partecipano per condividere gli stessi valori, le stesse intenzioni, la stessa gioia di difendere e proteggere quella terra che è la nostra terra. Perchè ogni singola zolla della Val di Susa diventi i nostri 22 e nei nostri 22 sempre è...

...E SEMPRE SARA’ DURA

Solidarietà a tutti i NO TAV colpiti dalla repressione in Val di Susa come a Firenze.

PROGRAMMA
SABATO 29: ACCOGLIENZA AL CPA FI-SUD
18.00 interventi, controinformazione e video
20.00 aperitivo
21.00 cena popolare
21.30 concerto di solidarietà con Quarantena e PussyDogs Blues

DOMENICA 30 TORNEO DI RUGBY
8.30 ritrovo al CPA
9.00 presso il campo sportivo Albereta-San Salvi, Via di Villamagna n 150.
14.00 terzo tempo al CPA FI-SUD

La partecipazione al torneo è individuale con iscrizione di 15 euro comprensiva di T-Shirt dell’evento e terzo tempo.
Possibilità di campeggio e pernottamento Info 388 9537974 (orario 17-19) rugbistiperlavalle@gmail.com

lunedì 24 settembre 2012

Contro l'imperialismo, no alla guerra in Siria





Venerdì 28 settembre
Ore 20.30 cena popolare.
Ore 21.30 iniziativa di analisi e dibattito sulla guerra in Siria.
Interverrà Bahar Kimyongür, autore del libro Syriana, la conquête continue.

Bahar Kimyongür - Il terrorismo antisiriano ed i suoi collegamenti internazionali

Invitiamo a partecipare a quest’incontro tutti coloro che credono sia importante opporsi all'ennesima aggressione militare da parte dell'Occidente.


Quest'iniziativa rappresenta infatti non solo un momento puramente informativo, ma un primo passaggio della mobilitazione in città contro la guerra di aggressione che si profila in Siria. L'escalation militare in Siria non ha sicuramente raggiunto il culmine, ma in questi mesi abbiamo comunque assistito a passaggi sostanziali da parte dell'imperialismo statunitense e degli stati europei coadiuvati dall'aiuto tutt'altro che disinteressato di Israele, della Turchia e dello petromonarchie. Ancora una volta la difesa dei diritti umani e dei civili dalla feroce repressione del "dittatore" di turno sono la scusa perfetta per muovere i primi passi verso una nuova guerra umanitaria. Sin dall'inizio l'Esercito Libero Siriano è stato armato, finanziato e addestrato con il fine di destabilizzare la regione e rovesciare il governo siriano, conquistando posizioni con attacchi spesso pianificati dalle informazioni di intelligence e con il supporto diretto di comandanti e generali NATO, macchiandosi anch'esso di massacri e esecuzioni, come hanno dovuto ammettere con colpevole ritardo anche alcune organizzazioni per i diritti umani che fino a quel momento avevano addossato ogni responsabilità delle violenze sulle forze governative. E diciamo questo senza negare le responsabilità passate e presenti del regime siriano, le sue politiche di repressione come l'esistenza anche di un'opposizione popolare che è stata di fatto stritolata tra il regime e le forze finanziate dall'occidente, dalla Turchia, dove si trovano vari campi di addestramento dei "ribelli" siriani, e dalla petromonarchie. Non sono bastati ad Assad il tradimento dei kurdi di Turchia e le parziali liberalizzazioni avviate con il consenso capitalista, per risparmiarsi l'attacco imperialista in una fase di crisi e di ridefinizione degli interessi del capitale. Hanno evidentemente pesato di più gli appoggi ad Hezbollah e la politica di opposizione ad Israele.

E' un quadro infatti in cui va tenuto conto anche delle tensioni esistenti a livello globale tra i blocchi imperialisti e che inevitabilmente si riflettono nel contesto siriano. Le differenti scelte strategiche tra Usa-UE e stati come Russia e Cina ed il blocco dei paesi non allineati, riflettono la divergenza tra interessi economici e politici nella gestione dell'area. Gli attori in campo sono quindi molteplici, le posizioni diversificate anche all'interno degli stessi schieramenti e lo scontro tutt'altro che circoscritto dai confini siriani. La posta in gioco è alta e molto difficile risulta cercare di prevedere eventuali accelerazioni. Quello che è sicuro è che le proposte, le soluzioni e le azioni che in prospettiva determineranno lo scontro armato in Siria sono espressione di interessi imperialistici e quindi di esclusivo utilizzo capitalistico.

Proprio per questo come studenti e lavoratori non possiamo rinunciare a dire la nostra, a schierarci contro l'imperialismo, a fianco di quei popoli che in nome del profitto e del capitale non ricevono che morte, distruzione e sfruttamento. Dobbiamo farlo rompendo il muro di informazione dei media mainstream che ha di fatto l'obiettivo di giustificare una futura guerra ed indebolire una qualsiasi mobilitazione contro di essa. Dobbiamo farlo anzitutto puntando il dito contro l'imperialismo di casa nostra, la sua partecipazione alla guerra con esercito e servitù militari, tenendo ben presente ciò che significa vivere e lottare all'interno dei confini di uno stato in guerra, pronto a calpestare ogni diritto, devastare interi territori, distruggere le esistenze di milioni di lavoratori e studenti, tagliare ogni spesa sociale mantenendo inalterate sen non aumentando quelle militari per assicurarsi un ruolo di primo piano nella competizione europea e globale.
   
Centro Popolare Autogestito Fi-Sud


Bahar Kimyongür, nato il 28 aprile 1974 a Berchem-Sainte-Agathe, membro di una famiglia proveniente dalla Turchia, è un attivista politico belga, ed ha militato nel Partito del lavoro del Belgio, una formazione politica marxista-leninista.
Suo padre, un Turco della minoranza alawita araba, era arrivato in Belgio per lavorare come minatore nelle miniere di carbone di La Louvière, sua madre era una lavoratrice stagionale nelle piantagioni di cotone.
Bahar Kimyongür si è diplomato in archeologia e storia dell’arte presso l’Università libera di Bruxelles.
Bahar Kimyongür è stato oggetto dell’interesse dei mezzi di comunicazione a seguito di un procedimento giudiziario che lo ha visto protagonista, per essere uno dei primi imputati perseguiti secondo la legislazione anti-terrorismo. In buona sostanza, veniva accusato di terrorismo per avere tradotto dal turco in francese dei comunicati diffusi dal DHKP-C, un’organizzazione rivoluzionaria turca considerata come terrorista dallo Stato turco ed inserita nella lista delle organizzazioni terroristiche dall’Unione europea in seguito agli avvenimenti dell’11 settembre.

lunedì 17 settembre 2012

19 settembre 2012: il movimento colombiano della Marcha Patriotica

 Mercoledì 19 settembre ore 21.30 Incontro con la Marcha Patriotica, movimento politico e sociale che riunisce circa duemila organizzazioni sociali e popolari che operano in Colombia per il raggiungimento di una condizione di effettiva sovranità, e per il conseguimento della seconda e definitiva indipendenza.
Quali prospettive per il movimento popolare e quali aspettative dopo l’annuncio dei colloqui di pace tra governo colombiano e Farc- Ep?

Ore 20.30 Cena popolare
Ore 21.30 Dibattito con Nidia Quintero (Junta Patriótica, dirección nacional de Fensuagro) e Javier Calderón ( Colombianos y Colombianas por la Paz, Comisión Internacional Marcha Patriótica e Asociación Nacional de Profesores Universitarios-ASPU).


domenica 16 settembre 2012

Fontesanta, 9 settembre 2012

"...Ora ci vengono a dire, che c'erano degli ideali anche dall'altra parte.
Ma quali ideali? Il seguitar la guerra, invadere gli altri paesi, i campi di concentramento?
Io non ci sto.
Io auguro ai tanti giovani che sono qui di continuare. Ché noi siamo... una razza non protetta, in via di estinzione! Ma fino a quando ci siamo, vogliamo continuare questa battaglia".

Giuliano Martelli, Saturno.

domenica 9 settembre 2012

Fontesanta, 8 settembre 2012

 "...Si corre a cercare una lettiga amica, per portar via Potente rimasto tra i feriti dalla granata esplosa in piazza Santo Spirito; arriva un'ambulanza inglese per caricare il ferito loro, il maresciallo inglese; ma quello dice "prima Potente".
Sulla lettiga, le labbra sanguinanti, dice Potente le ultime parole al comandante Gracco: "Addio Gracco, addio... E ricordati di fare onore alla Brigata, domani".

Il sei settembre in piazza.
I partigiani cantano. Il generale Alexander firma gli attestati di patriota.
Davanti a tutti i partigiani in piazza, dove sono accorsi anche i feriti che ancora si trovavano negli ospedali, sventola la bandiera della Brigata.
Alla stessa asta sventola la camicia di Potente.
La camicia di Potente, due volte rossa."


sabato 8 settembre 2012

Fontesanta e la Brigata Sinigaglia



Fontesanta e la Brigata Sinigaglia

Di seguito l’intervista al Partigiano Sugo della Brigata Sinigaglia: il suo arrivo nella Brigata assieme ai compagni, la vita quotidiana nella Brigata e la formazione politica dei partigiani, lo spostamento in Fontesanta, l’arrivo in Firenze e la Liberazione.

Il pranzo in Fontesanta noi della Brigata Sinigaglia si è sempre fatto fin dall’inizio per rincontrarsi; allora s’era vivi mentre adesso siamo rimasti pochini…
Si vorrebbe che questa giornata non andasse dispersa visto che ha preso campo grazie all’impegno di diversi compagni e si vorrebbe che rimanesse anche in seguito perché di lì passò la Brigata Sinigaglia prima di scendere a Firenze per liberarla.

…l’importante era arrivare al bosco e ritrovare i nostri compagni. A noi ci accompagnò i’ Gamba che era uno che era rimasto con una gamba sotto al tram e lo chiamavano così; lui era un po’ lo smistatore e ci accompagnò fino a Grassina da i’ Lepre. I’ Lepre ci portò fino a Castel Ruggero. Da lì ci disse dove bisognava passare e proseguimmo fin lassù da soli. Da San Polo s’andò al Pian della Vite dove c’era un contadino Partigiano. Appena s’arrivò ci si mise a sedere a mangiare e all’inizio, mentre noi gli si diceva che si voleva andare alla macchia con i partigiani, lui era un po’ titubante. Alla fine però ci spiegò la strada. Si cominciò a salire e si trovò uno che ci disse “Alt!”…era i’ Lupo che mi è rimasto sempre impresso: era una grossa figura di Partigiano, era stato un Gappista a Campi. Ci disse “che volete?” E noi “si vuole entrare nella Brigata!” Lì, appena arrivi, ti danno subito il moschetto e all’inizio non sai nemmeno come usarlo, poi ti fanno scegliere il nome di battaglia. Io entrai nella squadra del Balena, siccome ci si conosceva perché si viveva di fronte; s’era in 8 e il Balena diceva sempre…”i miei 8 uomini armati!”.
Appena Appena arrivati, la prima notte, ci dissero che la mattina si aspettava un attacco, un rastrellamento e si andò in postazione. Il Balena mi disse “non ti preoccupare, noi si contano…se sono 45 si fanno fuori tutti, se sono 46 si prende e si va via…” Le prime notti ti adatti abbastanza bene. Si stava tutti insieme in due capanne.
Prima di tutto si buttava via documenti e soldi. Per i soldi c’era il cassiere, Vladimiro, i’ Farda. Quando non hai soldi ti vuoi bene come fra fratelli, tant’è vero che quelli che siamo rimasti vivi siamo ancora più che fratelli: si perde l’egoismo e subentra il senso della fratellanza.
Le prime notti che vai da solo di guardia nel bosco vivi con il terrore addosso, poi ti adatti, ci fai l’abitudine e ti fai l’occhio e l’orecchio ai rumori del bosco. Io andavo sempre di guardia con un russo. Stalin che c’aveva due baffoni e lui mi diceva “ItalianSKI dormire” e intanto faceva lui la guardia. Poi si faceva a scambio. Lui non fumava e mi dava le sue sigarette e io mezza della mia pagnotta. Andavo spesso con lui perché potevo stare tranquillo. Appena sentiva un rumore mi batteva sulla spalla i mi svegliava…a sparare poi si impara subito, non c’è problema! La Brigata Sinigaglia, si forma all’inizio da un gruppetto di 6 o 7…era una Brigata fantasma. All’inizio di Aprile, quando veramente cominciano a formarsi le Brigate, i residui della Stella Rossa confluiscono in questo gruppettino. Appena arriva la Stella Rossa,che aveva già esperienza, (erano quelli che avevano occupato Vicchio e fatto lo spostamento sul Falterona) ritennero che quella non fosse la posizione adatta per i Partigiani e si spostarono sul San Michele, rimasero un giorno e poi tornarono; così comincia a formarsi la Brigata Sinigaglia. A Aprile, dopo i fatti di cui sono protagonisti i GAP a Firenze, i ragazzi più giovani, sentono lo stimolo del movimento di Insurrezione. La Brigata Sinigaglia, era formata da quasi tutti condannati politici che poi diventano i commissari politici. Così si cominciano a formare non solo la Brigata, ma anche i gruppi politici. Quando arrivavi, ti domandavano per chi simpatizzavi; la Sinigaglia era prettamente Comunista e Socialista, poi c’era un nobile, monarchico, che poi era diventato più Comunista di noi….era forte i’ Chimico, era in gamba! C’era anche un democristiano, l’Aquila, poi per il resto, l’ottanta o novanta per cento erano tutti del Partito Comunista o almeno simpatizzanti. C’era i’ Nonno, che aveva fatto 6 anni di carcere e 14 di confino e aveva 53 anni. Era uno di quelli che avevano fatto le Barricate al Bandino e per noi era un personaggio fuori dal normale, noi si adorava: un giorno, i’ Nonno, prese una pistola per pulirla e si tirò una rivolverata in una gamba e allora si mandò a Firenze a farlo medicare come se fosse un oracolo perché lui era un personaggio. C’era chi durante il confino si era evoluto, lui invece era rimasto grezzo come allora, era un renaiolo, però era la sua figura stessa a essere così. Poi c’erano Vittorio i’ Gorini, Gianni, Libero, tutta gente condannata dal tribunale fascista che aveva fatto tanti anni di carcere. Le Brigate Partigiane, le formano questi gruppi anche perché cominciano ad essere ricercati e quindi sono quasi obbligati ad andare in montagna.
Quelli che effettivamente erano i responsabili della Brigata, erano i Commissari Politici, non tanto i comandanti. Al momento di valutare se mandare gli uomini a morire, decidevano i Commissari perché la vita di un uomo era sacra. Erano loro a tenere l’ora politica. All’ora politica si partecipava tutti, non solo i Comunisti….a parte che noi eravamo tutti Comunisti; a quel tempo, c’erano solo fazzoletti rossi, poi li hanno cambiati col tricolore, ma allora, il tricolore, noi non si sapeva nemmeno cosa fosse. Quindi, partecipavano tutti e ogni distaccamento aveva i propri commissari politici che facevano l’ora politica. Partecipavano tutti quelli che erano esenti da altri compiti come fare la guardia oppure pulire l’arma…l’arma era importante, era la tua salvezza. I commissari politici erano quelli che ci davano l’esempio, non rimanevano indietro e se c’era da fare un’ora di guardia la facevano per primi, se c’era da dividere il mangiare erano gli ultimi a prenderlo; questo ti portava a sentirti più attaccato a loro perché questi non ti dicevano “va fatto così, vai te!”, no: loro andavano per primi e poi si andava noi. L’ora politica, consisteva non tanto nel parlare della Liberazione di Firenze, ma anche nel dare lo stimolo alla lotta per cambiare la forma della società; noi si doveva essere la Guardia Rossa al servizio del Popolo per cui si doveva avere un’educazione politica. Ci dicevano, ad esempio, che tutto quello che avresti requisito non era per te ma era per il popolo. Poi si discuteva anche del momento politico….ad esempio, quando Pesce liberò a Milano Giovanni Roveda: quello fu un grande momento specialmente per i “politici”, tanto è vero, che le fotografie della Sinigaglia in marcia furono fatte il giorno della liberazione di Roveda. Tutta la nostra preparazione, era per cambiare la società, per non avere più sfruttati né sfruttatori; purtroppo, oggi siamo in condizioni peggiori di allora, perché abbiamo un capitalismo più rapace e aggressivo. Allora si dovevano educare e preparare i quadri per questa società nuova che volevamo costruire.
Per esempio: i primi che dovevano andare a Roma, come Giobbe, non sapevano come fare ad andarci, si vergognavano a fare i politici perché avevano paura di sbagliare. In questo rione (Gavinana), s’era tre gatti… chi sarebbe sceso in strada o a fare la spesa sentendosi dire che aveva rubato o tradito?...ma che siamo pazzi?! Di tutto ci potevano accusare: di ignoranza, di qualunque cosa ma di questo no! Quando sono arrivato io in Brigata, c’erano per esempio i’ Nonno, i’ Raspa che era stato con Gracco; era gente che per noi che avevamo 16 anni era qualcosa di magico, di invulnerabile, loro avevano fatto le barricate! Allora, i fascisti, davano di Comunisti a tutti quelli che si opponevano, ma i più giovani, non è che avessero tutti una coscienza politica. I “politici” cominciano a formarsi dentro al carcere: quelli che escono da Castelfranco, hanno letto e lassù in Brigata, portano il collettivo. Il collettivo lo facevano in carcere. Se per esempio ti arrivava il tabacco da casa non è che potevi fumartelo te ma era di tutti e questa era una ripercussione della scuola di questa gente. Nella Sinigaglia, ce ne erano tanti di questi, tanti veramente.
Un’altra cosa che portarono i politici furono le canzoni.
La canzone “Insorgiamo”, per esempio, fu scritta dentro al carcere. I detenuti decisero di scrivere una poesia e la migliore sarebbe stata premiata; “Insorgiamo” vinse. A Castelfranco c’era anche Bruno Fanciullacci e quando questa gente è venuta in Brigata, ha portato con sé queste canzoni. Noi si cantavano……..erano tutte canzoni rivoluzionarie, che venivano dai carcerati, come per esempio “Noi siam la canaglia pezzente”, non c’era “Bella Ciao”. In Fontesanta ci siamo arrivati dopo uno spostamento piuttosto rischioso, non ci siamo stati tanto e siamo arrivati verso il 22/23 di giugno e il 4 luglio di mattina siamo calati a Firenze.
Era passato Potente che andò prima in Fontesanta e poi all’Incontro. Siccome il fronte si stava avvicinando, ai tedeschi interessava quella posizione per la ritirata tant’è vero che hanno avuto degli scontri fortissimi con gli scozzesi. Si decise di andare nel borro del Candelaio. Si partì la mattina e quando si arrivò alla casa del Cavicchi si trovò Fanfulla morto. Erano arrivati i tedeschi e l’avevano ammazzato mentre era con i contadini a veder tagliare il grano. Questo era il nipote di Giobbe, il Commissario Politico di tutta la divisione.
Mentre si scendeva nel borro si videro altri vestiti mezzi da tedeschi, ma anche i nostri era vestiti così, sicchè i’ Marinaio mi dice “sono dei nostri, fischia!”.
E io che sapevo fare il fischio alla pecoraia gli fischiai. Quelli ci spararono…erano tedeschi davvero, e per fortuna c’era le ginestre alte fin sopra le nostre teste. Quando poi si arrivò infondo al borro ci si rese conto che quello non era un posto per i Partigiani. I’ Triglia e i’ Frana, che si stavano facendo la barba, se ne fecero mezza perché c’erano i tedeschi che stavano facendo un rastrellamento e sparavano ai civili. Quando s’andò via, ci si spostò a Monte Moggio. S’arrivò la notte tardi, sfiniti e senza aver mangiato. La mattina dopo Gracco chiamò l’adunata per contarci e vedere se tutti avevano l’arma. Mentre si faceva l’adunata arrivarono i tedeschi e cominciarono a sparare. Allora i’ Raspa disse “siamo vicini a Firenze. Spostamento immediato in Fontesanta!”
La strada per andare in Fontesanta la conosceva solo il Balena. Si camminò tutto il giorno e la sera si era di nuovo al Pian della Vite dal contadino Partigiano che ci dette da bere il vino perché aveva solo quello.
Si ripartì dal Pian della Vite, ma ci si perse: fu così che ci si divise in due tronconi. Gracco rimase con la parte più numerosa e noi si rimase con i’ Chimico vicino al Poggio alla Croce. I’ Chimico e Otto cascarono in un burrone e si perse tempo a ritirarli su…poi ci si mise a dormire in campo dove avevano seminato il grano in attesa della mattina. Gracco invece proseguì e arrivò la mattina stessa in Fontesanta. Noi si ripartì la mattina presto e si arrivò verso le due.
Erano due giorni che non si mangiava e eravamo stanchi. Lo spostamento era stato faticoso e faceva caldo. Era per questo che ci s’alleggeriva della roba in più e la si buttava via. Io mi ricordo che c’avevo un paio di mutando lunghe e una maglia di lana che ci aveva buttato gli inglesi in un lancio. Volevo portare questa tenuta da inverno al mio babbo, ma durante lo spostamento avevo buttato via tutto e quando si arrivò in Fontesanta la notte faceva un freddo fuori dal normale…
Quando si arriva in posto nuovo ci vogliono almeno due giorni per sistemarsi. Si andò a prendere le pere con uno zaino da un contadino a Troghi. La zona era tutta circondata dai tedeschi e anche per tornare bisognava passare dal bosco. Era tutta salita e con lo zaino pieno di pere…
Si tornò e si divisero un po’ per ciascuno mentre gli altri avevano fatto il pane e si ricominciò a mangiare. Tutti i giorni c’era qualche attacco perché i tedeschi si preparavano per la ritirata e dovevano passare da lì. Gli ultimi giorni c’erano, da un lato le cannonate degli Alleati e dall’altra quelle dei tedeschi e noi s’era nel mezzo. Dopo due o tre giorni arrivò un gruppo che era di Fontesanta e loro si attestarono sotto a noi.
Fontesanta fu l’ultima tappa della Brigata prima di scendere a Firenze.
Diciamo che Fontesanta fu l’ultimo approdo. In Fontesanta abbiamo però anche un brutto ricordo, perché per noi la morte del Balena fu un qualcosa di tragico perché il Balena, all’interno della Brigata, era un personaggio…uno che non si tirava mai indietro. Io facevo parte della sua squadra: s’era io, i’Triglia, ecc…quasi tutti di Gavinana.
Lui non era l’audace che ti porta anche a morire perché il temerario è pericoloso…è bello da vedersi, ma rimane pericoloso…lui invece era uno che ti dava affidabilità. Con il Balena ci potevi andare e la sua morte per noi fu un colpo, tant’è vero che la mattina dopo si volle vendicare e si ebbe uno scontro con i tedeschi in ritirata che dovevano passare, prima dalla Badia Monte Scalari dove s’era noi e poi da Fontesanta. Noi eravamo dalla parte che guarda Troghi, non alla Casina…lì ci siamo andati solo per prendere l’acqua. Dunque si ebbe questo scontro con i tedeschi che stavano alla casa dove c’erano anche gli sfollati e fu in quell’occasione che fecero prigioniero anche Otto. Noi s’andò per vendicare il Balena e invece ci fecero anche un prigioniero! Mi ricordo che c’era i’ Fumo che poi scrisse anche un articolo sulla vicenda. Eravamo in cinque: io, i’ Fumo, i’ Formicola, Truciolo e i’ Triglia, e s’andò a ricercare Otto. Si sparò un po’ ma senza vedere nessuno e i tedeschi, forse perché le pallottole gli cascarono vicino, ebbero un momento di esitazione; Otto, che si era sciolto, dette un cazzotto a un tedesco, gli prese la pistola, l’ammazzò e scappò….così si salvò.
Loro ci attaccarono con i lanciafiamme, e allora si rientrò in Fontesanta dove c’era rimasto solo un gruppetto visto che Gracco era già sceso verso Firenze.
C’era rimasto solo questo gruppo con Marco per contrastare questi tedeschi. Poi con Marco e i’ Chimico, in una trentina, si decise di andare a S. Polo: noi a Firenze si arrivò un giorno dopo.
La morte del Balena fu un colpo. La sera prima s’era andati a prendere l’acqua alla Casina. S’era un gruppo di una decina e lui aveva chiesto a Gracco se gli dava 24 ore di permesso perché voleva andare a casa.
Gracco gli disse “no, stiamo vicini…rimaniamo in contatto, però ti mando a prendere la farina”…andare da un contadino a prendere la farina voleva dire mettersi a sedere e mangiare, tant’è vero che io gli dissi “porta anche me” e lui “no, non ti posso portare”. Così andarono a prendere la farina e trovarono i tedeschi che l’ammazzarono.
Quando io arrivai a Firenze il mio babbo e quello di Vinicio i’ Magri dovevano andare a casa del Balena a dire a suoi che era morto. Casa sua era di fronte alla mia, eravamo come fratelli e nessuno aveva il coraggio di portare la notizia…poi si fecero coraggio e andarono; dopo cinque o sei giorni morì anche il figliolo di questo Magri. La sorella del Balena mi regalò il fazzoletto che suo fratello aveva al collo. Lui morì verso mezzanotte e mezzo e la mattina dopo rientrò il babbo del Meca con altri tre, cioè quelli che erano con lui a prendere la farina. Nel frattempo arrivò anche il Triglia insieme ad un altro che avevano incontrato gli Inglesi a San Polo. Siccome pensavano non ci si credesse si fecero dare un pacchetto di sigarette; quando arrivarono andarono a dirlo a Gracco che gli disse di stare zitti e non dire nulla a nessuno; allora ci radunò tutti e ci disse: “siamo circondati e non c’è verso di salvarsi….è un rastrellamento e qui non c’è spazio. Se qualcuno vuole andare via da solo ce la può fare a passare nelle maglie nemiche…chi non se la sente alzi una mano e può andare”; non alzò la mano nessuno!
A questo punto ci disse “no ragazzi…siamo in contatto con gli Inglesi” e ci fece vedere il pacchetto di sigarette. Noi si voleva ammazzare, non so se rendo l’idea…e il pensiero di scendere a Firenze per la Liberazione ci fece superare un po’ anche la morte del Balena.
Eravamo più o meno in trenta o trentacinque. C’erano Vittorio i ‘ Gorini, Libero e i’ Chimico.
Quando s’era lì a San Polo si dormì una notte in una villa: non ho mai capito se fosse di un fascista o di un compagno. Tanto per raccontare com’erano gli uomini di allora…: io in questa villa presi un libro un po’ osè, era messo all’indice. Mi ero addormentato senza finirlo. La mattina dopo presi questo libro e me lo misi nella camicia. Arrivò i’ Gorini, un commissario politico, e mi disse “icchè t’hai costì?”
Gli risposi “c’ho questo libro e lo porto a Firenze per finirlo”.
E lui : “…Ragno! Va messo al muro e f u c i l a t o immediatamente”. E i’ Ragno a sua volta: “macchè sei grullo! A fucilare i’ Sugo non ci penso nemmeno”.
Ne approfittò per farmi la morale e mi disse : “ Guarda che questo libro, anche se è solo un libro, anche se fosse solo un ago, non è tuo. Appartiene al popolo. Te non lo puoi prendere. Se vai a fare una requisizione te non tuoi prendere niente. Mettitelo in testa!”.
Questo per dire la differenza tra quelli di ieri e quelli di oggi.
Noi si arrivò a San Polo quando Gracco era già arrivato alle Due Strade a Firenze. La sera si cenò con gli Inglesi. Il giorno dopo, a pranzo, siccome avevano visto tutte le bandiere rosse ci dettero da mangiare le bucce di patata; allora i’ Chimico gli rimandò tutto indietro e disse “i miei uomini questa roba non la mangiano!” e si partì per venire giù a Firenze. Per la strada io avevo una mitragliatrice sulle spalle. Era una mitragliatrice a cicogna…la si voleva tutti perché si maneggiava bene, si girava da tutte le parti…era proprio bellina! L’ho portata fino a Firenze.
Da San Polo a Firenze per la strada fu un getto continuo. Tutto il popolo veniva ad abbracciarci. C’erano lavapiedi pieni di vino in mezzo di strada…era una cosa indescrivibile per chi non l’ha provata. Quella era la spontaneità del popolo, la fratellanza. Noi s’era l’Esercito del Popolo. Vivere il ’44 era particolare.
Quando s’arrivò allo stretto di San Polo sulla curva c’erano tre casine. S’arriva lì e viene fuori un contadino con un lavapiedi e ci dice “è passato uno, cinque o sei ore fa, sembrava mezzo pazzo…si chiamava Otto”. Allora fu una festa. Tutti a vociare “Otto è libero!”.
Così s’arrivò a Firenze. Si passò da i’ Paradiso, da via Benedetto Fortini, e lì iniziarono a sparare.
S’era trovato gli ultimi Inglesi. A San Polo si era aggregato a noi i’ Filastò con altri due; nella piazzetta vidi arrivare questi due vestiti da ufficiali.
Uno mi fa “che me le daresti le tue scarpe?” Lui ce le aveva nuove e io volevo fare a cambio subito, però io c’ho il piede piccino e lui troppo grande…questo è i’ Filastò. Quando s’arrivo in via Benedetto Fortini cominciarono le cannonate e questi scapparono come dei pazzi. Allora arrivò i’ Frana e prese i’ mitra. Si andò a dormire in una villa svizzera dove i’ Frana andava quando faceva il lattaio. Fu lui a parlare con loro e ci tennero tutti a dormire.
La mattina presto si sparse la voce che erano scesi i primi Partigiani. Io sono figlio unico e sono di Gavinana. La mia mamma conosceva tutti e cominciò a chiedere dove fosse Marcello…cioè io…Loro le dissero che io ero rimasto in Fontesanta.
Ma poi arrivò la notizia dell’arrivo di un altro gruppo di Partigiani e lei venne fino a qua. I’ Chimico aveva mandato i’ Triglia e un altro in perlustrazione. Arrivarono alla Colonna e trovarono il Maresciallo dei Carabinieri che li disarmò tutti e li chiuse in cella perché il Maresciallo ci conosceva bene. A me e i’ Triglia, prima che si partisse per il bosco, c’aveva tenuto una notte in cella.
Poi arrivò la mamma che salutandomi mi disse “poverino! Come fai con questa mitragliatrice sulle spalle?” e poi di lì s’andò alle Due Strade e, per farla breve con questa mitragliatrice, si ebbero i primi scontri; al momento di sparare, si tira un colpo e s’inceppa…non ci s’aveva le pallottole adatte.
Ma il bello è che, anche quando si era in montagna e si aspettavano i rastrellamenti si andava avanti con questa mitragliatrice convinti che funzionasse…. io l’avevo portata sulle spalle tutto il tempo.
Quando si arrivò alle Due Strade c’erano anche gli Inglesi che a questo punto ci volevano disarmare.
Da qui poi, s’andò al distretto militare, si fece il rastrellamento in S. Frediano, (che fu quando morì i’ Tinti) e poi si attraversò l’Arno un paio di volte alla pescaia di Santa Rosa.
C’era poca acqua…ma un po’ c’era e quando si arrivò di là c’erano un prete e un maresciallo. Il maresciallo va da Truciolo e gli dice “Scortateci”.
E Truciolo “Di quelli come voi si fa un tura in Arno” e poi lo disarmò.
Poi s’arrivò alla scuola Sassetti, dalla Sassetti a una villetta e poi in Fortezza.
Fu lì che Alexander ci dette il buon servito.
La maggior parte di noi eravamo di Gavinana, già “liberati”, ma avevamo tanti compagni ancora da liberare al Casone dei ferrovieri e al Ponte di Mezzo; quando gli Inglesi ci dissero che ci volevano disarmare, si disse “si fa alle fucilate con gli Inglesi perché noi il fucile non si lascia”. Fu quando Gracco e Potente andarono a parlarci….Ché poi quello che parlava era i’ Chimico perché era l’unico che sapeva l’inglese.
Parlarono e alla fine gli Inglesi accettarono di lasciarci le armi e così portammo a termine la Liberazione di Firenze.

lunedì 3 settembre 2012

Massimo e Daniela liberi subito!

Come compagni e compagne del Centro Popolare Autogestito Fi*sud esprimiamo la nostra massima solidarietà a Massimo, in carcere ad Udine, a Daniela, agli arresti domiciliari, e a tutti i compagni indagati nella cosiddetta “operazione loxididae” condotta lunedì 27 agosto con decine di perquisizioni tra Trento e Rovereto dalla Digos trentina. Questa è solo l’ultima di una lunga serie di “sensazionali” maxioperazioni che nell'ultimo anno sono state condotte in varie città italiane: Bologna, Firenze, Torino e Perugia. L’accusa stavolta è associazione sovversiva. L’apparato repressivo riprova a costruire teoremi e a cucirli addosso a chi si espone tenacemente e quotidianamente contro la devastazione del territorio (in Val Susa come a Trento), contro il fascismo, contro un sistema fondato sullo sfruttamento, nel tentativo di dividere e isolare i cosiddetti "cattivi". Il solito schema, funzionale affinché la contestazione rientri nei ranghi delle compatibilità “democratiche” e legalitarie.
Anche i tempi non sono casuali. L’apparato repressivo sa bene quando è il momento giusto per sferrare l’attacco: pochi giorni prima dell’apertura del campeggio Notav a Marco nei pressi di Rovereto, nonostante gli arresti fossero stati firmati già un mese fa data la “pericolosità” dei soggetti, nel tentativo di scoraggiarne la partecipazione che nell’ultimo anno in Trentino è cresciuta esponenzialmente. Il movimento NOTAV ha dimostrato che uniti si va avanti, che non ci sono buoni e cattivi. Noi non ci stiamo a prendere parte al gioco della desolidarizzazione e delle divisioni: la lotta di Massimo, Daniela e degli altri 43 indagati sono le lotte dei NOTAV e quindi di tutti noi. Anche per questo ci rendiamo disponibili fin da ora per organizzare iniziative di solidarietà, d'informazione e di autofinanziamento per sostenere politicamente ed economicamente i compagni.

Massimo e Daniela liberi subito!!
Solidarietà agli indagati!

La solidarietà è un’arma; continuiamo ad usarla!

CPA Fi*sud